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Eros o Thanatos? Qual è la tua scelta?

Perché bisognerebbe fare percorsi di crescita personale? A che pro? È una questione di scelte.

Dobbiamo scegliere se volere essere abitati dal malessere o dal benessere.

 Si tratta di scegliere se avere una vita abitata dall’eros o dalla morte.

Eros, è la componente sessuale dell'amore, specialmente nei suoi riflessi indiretti e profondi sulla psiche; elemento fondamentale nella dottrina della psicoanalisi. L’eros ci fa sentire vivi e creativi.

Thanatos (gr. Θάνατος) è la personificazione maschile della morte presso gli antichi Greci. Ricordato già in Omero come fratello di Ipno (il Sonno), compare in Esiodo come dio crudele, figlio della Notte, abitante nel mondo sotterraneo dal quale viene a sorprendere i mortali.

E’ possibile anche portare eros nella morte, per illudersi.

Illudersi di cosa? Illudersi che il contesto che ci circonda ci consenta di esprimere la nostra unicità se non facciamo una qualche sorta di lavoro su noi stessi.

Si può fare da soli questo lavoro? No. Nessuno può lavorare su di sé senza l’altro che gli faccia da specchio e che gli sappia restituire le parti utili alla sua evoluzione, nel corretto modo.

Nel corretto modo significa che, quale che sia la strada che abbiamo scelto per noi e che dipende dalla circostanza e dal bisogno che abbiamo, se abbiamo cioè scelto una psicoterapeuta, una counsellor, una coach, una mentore o un formatore, bisogna che questi sia qualificato ed abbia tutte le carte in regola per svolgere il suo compito.

Una certificazione ce lo garantisce? No, ma è meglio di nulla.

Per la psicoterapia possiamo avvalerci del passaparola, magari di operatori della relazione di aiuto che sappiano indirizzarci con criteri che vadano al di là del “io mi sono trovato bene”.

Per le altre relazioni di aiuto i social ci possono aiutare a cogliere il pensiero, il modo di esprimersi della persona verso cui ci stiamo orientando e la sintonia che questo ci suscita.

Non dimentichiamoci che, in genere, vengono sempre offerti uno o due incontri preliminari in cui è ancora possibile dire “No, grazie” se non scatta la chimica.

Ognuno trova la propria strada e nessuna strada è sbagliata se sentiamo che vada bene per noi. Nessuna strada è per sempre, ma tutto ci forma e contribuisce a  farci salire i gradini della consapevolezza di sé.

È un lavoro che finisce?

No. Non finisce mai sia perché è proprio il destino dell’umano evolvere verso una diversa natura, sia perché è un ambito talmente affascinante ed infinito che, una volta mossi i primi passi in eros è difficile che si desideri tornare a Thanatos.

La crescita personale è dunque investimento su se stessi e sulla propria crescita come essere umano. La crescita personale è apprendere come è fatto l’individuo e come funzionano la sua mente e le emozioni che lo attraversano.

In un percorso di crescita personale degno di questo titolo, come minimo, torneremo a casa sentendoci meno soli, rendendoci conto che quelle cose che credevamo di provare solo noi, quel senso di solitudine, distacco e diversità, non è così bizzarro ma comune a tante altre persone.

Essere diversi ha una componente di isolamento. Essere unici ha una componente di inclusività sebbene questa sia difficilmente ammessa dalla società.

Diversità e unicità 

Siamo immersi in un pensiero omologato (anzi in un non-pensiero), siamo immersi in una contrapposizione di greggi che ci fa sentire appartenere alla parte dei giusti. Ovviamente anche l’altro gregge ritiene di far parte dei giusti. Tutti si muovono per il proprio tornaconto individuale in deliri che sfociano sempre più frequentemente nelle azioni violente di prevaricazione che l’informazione ci illustra con dovizia di particolari: omicidi, femminicidi, parricidi, etc.

Cosa facciamo come società al riguardo?  Come comunità assolutamente nulla. Abbiamo una popolazione frustrata, impaurita, in preda alla rabbia, affamata e  non solo di cibo, e non mettiamo mano alla scuola insegnando le emozioni, non mettiamo mano alle famiglie offrendo loro corsi di formazione alla genitorialità, non mettiamo mano al sapere che frammentiamo sempre di più in specializzazioni che tolgono la visione d’insieme. Consentiamo tafferugli televisivi privi di contenuto, con voci sovrapposte, con informazioni non supportate dai dati, con diffusione nazionale via digitale terrestre delle frasi di questo e di quello (pettebolezzi). La fiera delle banalità e delle vanità, mentre le persone soffrono.

E ora?

Se sei arrivato fino a qui nella lettura forse ti interesserà anche avere una maggiore comprensione delle diverse figure della relazione di aiuto.

Lo Psichiatra è un medico. Lo psicologo ha studiato psicologia e può avere una laurea triennale o quinquennale. Lo psicoterapeuta è uno psicologo o un medico che, dopo la laurea in psicologia o medicina, ha ottenuto una adeguata formazione o addestramento mediante corsi almeno quadriennali e si è sottoposto a sua volta a psicoterapia per non avere aree irrisolte che potrebbero farlo colludere con il paziente. Tutte queste relazioni dovrebbero essere ricercate se abbiamo un problema importante e persistente nel tempo, che risale lontano nel tempo. (Vedere il relativo Albo Professionale per approfondimenti)

Esistono poi gli assistenti sociali, iscritti ad un albo professionale specifico, cui si fa riferimento quando il disagio che vive la persona o la famiglia riguarda il sostentamento, cioè i bisogni primari.

Quando parliamo di crescita personale parliamo però di altre figure e queste hanno tutte un diverso ambito di azione.

Il Counsellor è un professionista “il cui obbiettivo è il miglioramento della qualità della vita del cliente, sostenendo i suoi punti di forza e le sue capacità di autodeterminazione” (Assocounselling, 2011)

La relazione di aiuto fornita da un Counsellor consiste in un percorso a termine di crescita umana costruito a partire da una situazione specifica del cliente costituita dall’esistenza da breve tempo, di un problema contingente o di un disagio relazionale o esistenziale (non assolutamente psicologico).

Il Coach è un professionista che, stimolando le risorse presenti in ogni essere umano, facilita il raggiungimento degli obbiettivi desiderati. Il Coach allena persone che vogliono raggiungere degli obbiettivi ma non sanno come fare. Il Coach ristruttura le voci svalutative provenienti dalle identificazioni a massa del Coachee e stimola la persona a sviluppare il proprio potenziale.

Il Tutor agisce su una problematica di natura cognitiva fornendo indicazioni su come organizzare le informazioni acquisite per poterle assimilare.

Il Mentore

Il Mentore fornisce supporto e tramite supporto facilita lo sviluppo nel Mentee di competenze affinché egli possa realizzare degli obbiettivi. A differenza del coach, non fornisce strumenti. Fornisce indicazioni e informazioni.

Il mentore un facilitatore dell’inserimento professionale e sociale del Mentee, un facilitatore dell’adattamento al tessuto sociale del Mentee. Egli mette a disposizione esperienze, competenze, conoscenza, abilità.

Il processo di mentoring avviene attraverso il potenziamento delle forze e delle risorse dei Mentee nella vita quotidiana:

  • le sue potenzialità umane e facoltà intellettive
  • le competenze, conoscenze personali, professionali specifiche
  • il raggiungimento di scopi specifici personali o professionali
  • modalità di apprendimento utile per la vita
  • modalità di auto-valutazione realistiche rispetto sia al contesto sociale che a quello professionale

Il mentore per potenziare le forze e le risorse del Mentee utilizza il sapere, il saper fare e il saper essere.

Per sapere si intende la specifica formazione alla professione.

Per saper fare si intendono gli strumenti e la pratica che consentono al Mentore di svolgere la sua attività.

Per saper essere si intende il lavoro di consapevolezza che il Mentore ha fatto su di sé e che gli consente di stare all’interno del processo con mente diversa e con capacità emozionale ed empatiche diverse.

Il mentoring è un accompagnamento tollerante e paziente con l'obiettivo di stimolare un processo di trasformazione del Mentee. Un processo di accoglimento senza giudizio verso l’alterità/diversità.

Concludendo

Possiamo affermare che i mezzi per lavorare su se stessi oggi ci sono e ce li abbiamo a portata di mano ma è necessario vincere la paura del dolore mentale che il cambiamento comporta. 

Lo abbiamo già detto in altre occasioni: l’umano è governato da due leve: 𝐩𝐢𝐚𝐜𝐞𝐫𝐞 𝐞 𝐬𝐨𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚.

Il paradosso è che per evitare la sofferenza mentale, che siamo tutti attrezzati ad affrontare, continuiamo a stare nel malessere, nel rifiuto della natura oscillante della mente, nel rifiuto della gruppalità che ci abita, nel rifiuto degli aspetti complessi e caduci della realtà, e nella ostinata credenza che l’altro sia nel nostro controllo. Restiamo nel continuo confronto con le parti ideali di noi, pieni di aspettative infantili, deluse, a cui non sappiamo dare consolazione.

I progressi verso il benessere sono lenti e serve mettersi in gioco, ma ne vale la pena.

Nessun altro può fare il lavoro per noi. 

Il mondo si semplifica? No. Si complica, ma se ne vedono confini più ampi e maggiori possibilità per la nostra vita.  

Crescere nella consapevolezza di sé è lo stesso risultato che si ha guardando un paesaggio dalla pianura o da una sommità. Più saliamo nella conoscenza di noi stessi e dell’umano e maggiore è l’ampiezza della visuale di noi stessi e degli altri

Il pensiero della creazione è 𝐝𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, tutto in natura è organizzato per dare, mentre la nostra natura è 𝐞𝐠𝐨𝐢𝐬𝐦𝐨. Questo Ego, libero di agire negli automatismi, ci crea problemi relazionali e sofferenza. Tutto si riduce a problemi relazionali, se ci pensiamo bene.

Noi siamo su questa terra per imparare a cambiare la nostra natura e diventare “𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐢𝐦𝐦𝐚𝐠𝐢𝐧𝐞 𝐞 𝐬𝐨𝐦𝐢𝐠𝐥𝐢𝐚𝐧𝐳𝐚” a 𝐜𝐢𝐨è 𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐜𝐢 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢 𝐝𝐢 𝐝𝐚𝐫𝐞. Dare, non una cosa qualunque, ma quella cosa specifica che proprio noi siamo venuti al mondo a dare

Allora il gioco si fa più interessante: da un lato dobbiamo acquisire una diversa natura, opposta a quella che siamo, e dall’altro, dobbiamo indagare e scoprire 𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐦𝐢𝐬𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚.

Chi non ce la fa in questa vita, la sua anima fa un altro giro di giostra, per dirlo “alla Terzani” 

Nulla va sprecato e l’umanità avanza in 𝐮𝐧 𝐩𝐫𝐨𝐜𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐞𝐬𝐜𝐚𝐭𝐨𝐥𝐨𝐠𝐢𝐜𝐨 𝐢𝐧 𝐜𝐮𝐢 𝐧𝐨𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐦𝐚𝐭𝐢 a fare il nostro piccolo passo, 𝐚 𝐦𝐞𝐭𝐭𝐞𝐫𝐞 𝐢𝐧 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐨 𝐢 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐢 𝐭𝐚𝐥𝐞𝐧𝐭𝐢.

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