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Ogni Mentore ha un Mentore (o dovrebbe averlo)

Ho scelto come titolo il punto conclusivo di questo articolo. Portate quindi pazienza per capirne l’importanza.

Coaching e Mentoring, spesso sono termini usati come sinonimi erroneamente

Il coaching si concentra su un obbiettivo a breve termine, su un risultato mentre il mentoring è più un obiettivo a lungo termine nella carriera laddove il mentoring riguardi la carriera individuale o il miglioramento costante delle life skills.

Siamo nel campo dell’empowerment e dell’improvement e non in ambito clinico.

Alcune persone si chiedono in che modo si sviluppi una relazione di mentoring e non avendo chiarezza tengono le distanze. Proprio per questo vorrei oggi attraversare per punti alcuni passaggi che chiariscano il tema.

La chimica personale è un elemento essenziale, sia per il coaching che per il mentoring ed è anche per questo che il primo incontro è normalmente gratuito.

Un buon processo di mentoring si sviluppa con passaggi precisi:

 

  1. Concordare un processo

Dare cioè una struttura, definire il setting che è fatto di frequenza degli incontri, durata degli incontri, il luogo, il tema che si andrà a trattare, etc.

Per un Analista Transazionale questo si chiama “contratto” e la definizione può prendere più incontri. Per Coach e Mentori si chiama accordo, ma il punto essenziale è avere un focus e questo ci porta al punto due

 

  1. Concentrarsi sugli obiettivi

Sebbene possa sembrare scontato parlare dell’argomento che si è eletto, capita sovente che il desiderio contrastante del cliente di cambiare una situazione e di restare nella propria zona di comfort porti a sviare dal target. Ecco perché un Mentore è una figura essenziale per elaborare la propria strategia, fare i giusti passi e tenere il focus.

 

  1. Essere produttivi

Il divagare o quel che si chiama “scusite” (una vera e propria sindrome con passaggi precisi) porta il cliente cercare di sabotare il processo verso il cambiamento di comportamento che si desidera attuare.

Normalmente i sintomi della “scusite” sono: lamentarsi, deresponsabilizzarsi, procrastinare, somatizzare e confondersi

 

  1. Sondare con domande

E’ noto a molti che una domanda ben formulata vale più di cento suggerimenti e imparare a fare domande che inducano il cambiamento richiede anni di preparazione e studio.

Fare domande è anche il mezzo per identificare in che punto il cliente si colloca nella matrice della svalutazione in termini di

  • Esistenza del problema
  • Importanza del problema
  • Possibilità di cambiamento
  • Capacità personali

Per poter indirizzare il nostro aiuto laddove è richiesto ed ha possibilità di essere accolto.

 

  1. Fare collegamenti

Gli ambiti sono i più disparati. E’ possibile che il un mentoring di carriera sia utile creare un contatto con un docente o con un personaggio specifico di un’azienda a noi nota che potrebbe aiutare il nostro cliente, ma può anche essere che si arrivi a definire che il problema originariamente descritto come un tema da mentoring si riveli un argomento che necessita di un’altra professionalità.

Giova ricordare che il mentoring è una professione d’aiuto che si muove nell’ambito dell’empowerment e non in ambito clinico. Laddove si riveli una necessità di questo tipo il mentore deve indirizzare il cliente ad un clinico.

 

  1. Dare feed back

Il valore del feed back è noto, così come è noto che nella vita è difficile ricevere feed back che restino sul comportamento e non sull’individuo, così come è facile essere sminuiti a volte dalle persone a noi più care e più vicine. Il rapporto di mentoring è un luogo in cui riuscire a vedere i comportamenti che non sono funzionali al contesto e anche i talenti che abbiamo e spesso non percepiamo per filtri percettivi che ci siamo auto-imposti

 

  1. Essere autentici

Questo è un altro punto fondamentale, sia per la chimica di cui parlavamo che per il fatto che la comunicazione avviene verbalmente solo per una percentuale bassissima e la nostra accoglienza passa con il non verbale. Per questo è importante che anche il Mentore possa rifiutare un accompagnamento se sente di avere qualche impedimento o pregiudizio nel confronti del cliente. Se non lo facesse il buon lavoro sarebbe a rischio.

 

  1. Verificare

È questo un punto che rimanda al punto uno. Se l’obiettivo è stato ben formato, sarà misurabile (V.E.S:P:R.A.: Verificabile Ecologico Specifico Positivo Realizzabile Attivo ) e pertanto la verifica del progresso sarà possibile.

 

  1. Trovare il proprio Mentore

Questo è il punto centrale. Un mentore non smette mai di formare se stesso e sa che i suoi filtri percettivi potrebbero impedirgli di vedere degli aspetti che potrebbero impedire il cambiamento del suo cliente o che potrebbero farlo colludere con lo stesso e per questo la supervisione di un altro mentore garantisce una migliore qualità del processo.

Beneficiare della supervisione di un altro Mentore consente di aprire la visione in un contesto in cui ci si è impantanati e questo può garantire al cliente un risultato migliore.

Stiamo qui parlando di empowerment ed improvement, cioè delle professioni di aiuto regolamentate dalla Legge 4 del 2013.