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Apatia e voglia di non fare niente? Ecco come reagire.

Quando attraversi un periodo di apatia, ti svegli al mattino pensando che non hai voglia di fare niente. Ti senti senza energie ed avresti voglia solo di mollare tutto e tutti e startene in un cantuccio. Vorresti scomparire, se solo fosse possibile.

 

L’entusiasmo che ti sembrava di avere solo fino alla settimana scorsa per i molti progetti in testa, è scomparso.

A volte, dietro all’apatia ci sono patologie o farmaci salva vita che assumiamo e allora dobbiamo farci aiutare per tenere sotto controllo la cosa, magari con altri farmaci (aimé!). Se però non è questo il caso e si tratta del normale fluttuamento umorale dell’essere umano, cui tutti siamo soggetti, allora abbiamo qualche strategia che possiamo mettere in pista.

 

Per prima cosa, se i pensieri grigi che ci attraversano hanno un ruolo nel nostro momento di apatia,  ricordiamoci che ogni vicenda della vita, anche il più spiacevole, porta con sé un insegnamento positivo e quindi accogliamo tutto.

 

Che ci crediate o meno, anche sostanze stupefacenti o alcool, così inebrianti, così (apparentemente) di aiuto per il nostro umore, sono generatori di stati apatici. Hanno cioè una sorta di rinculo, di effetto rebound. Ti sei bevuto qualche bicchierino perché eri giù? Bene, aspettati di avere un effetto amplificatore del malessere che tentavi di fuggire.

 

Se la tua apatia è accompagnata da ansia, stati d’animo negativi o addirittura assenza di piacere di vivere, allora non stiamo parlando di semplice apatia, ma di depressione. All’apatico infatti non interessa affatto cambiare la sua condizione. 

 

Concentriamoci sull’apatia. Se sei apatico non avrai voglia né di lavorare, né di studiare, né di svolgere qualunque attività  del vivere comune. Vorrai isolarti e sfuggire da doveri e responsabilità. Ti accompagnerà un livello di energia molto basso.

 

Ci hanno infarcito tutti la testa con “trovati uno scopo” oppure “trova una passione”, ma è più facile a dirlo che a farsi. Se poi la tua vita è cambiata drasticamente, allora è proprio un’impresa titanica. Ti trovi alle prese con la ricerca di un interesse, una passione, uno scopo che ha più a che fare con il riuscire a sentirti addosso una nuova identità, a mollare la vecchia cui non vorresti tornare, ma che non riesci a lasciare andare.

 

Restiamo nel semplice. La semplice apatia, senza complicazioni aggiuntive. Però tra tutti i modi di cui ho letto sul trovare “il proprio scopo” quello che ho trovato più interessante è quello che ci chiede di prendere in rassegna la nostra vita, segnare su un foglio le tappe, le cose che abbiamo fatto, le cose che abbiamo imparato e poi tirare un filo unendo tutto quello che ci ha condotto dove siamo

 

Questo esercizio, ogni volta che ci smarriamo, ci riconduce al nostro cammino personale.

Per fare questo esercizio bisogna però prima uscire dall’apatia e quindi mettere in pratica uno o più dei mille trucchetti esistenti.

Imponiti una serie di tappe, per te piacevoli, da assumere come rituali, che ti diano potenza per l’azione successiva. 

 

Se il rischio è, nel week end privo di impegni, di cadere nel triangolo delle bermude (letto-caffè-divano), vai subito dopo colazione, sotto la doccia e spalmati di olio per la pelle.

L’acqua di per sé ha un effetto benefico sull’organismo ma massaggiarsi con dell’olio cambia proprio il sentire, cambia l’umore.

 

La volontà è una gran cosa, ma è scientificamente provato (vi invito a leggere L’Atto di Volontà di Roberto Assaggioli) che con il corpo, con la postura, possiamo influenzare la mente, i pensieri, gli stati d’animo. Quindi anche eleggere una musica che vi è particolarmente stimolante da mettere per quei 10 minuti che scegliete voi facendoci sopra qualche passo di danza, sarà molto benefico.

 

Ora siete pronti a contrastare la vostra apatia. Avete dato una bella scrollata alla vostra stasi ma non basta.

 

Ora dovete pensare a tutte le insignificanti cose che vi vedete davanti (pranzare per esempio) e decidere che la preparazione del pasto dovrà avere una caratteristica: l’eccellenza. 

 

Dopo, anche il riordino della cucina dovrà tendere all'eccellenza. Se tenete in testa questa parola per ogni semplice azione che andrete a svolgere, automaticamente si spezzerà la catena genera tedio e apatia fatta di piatti accumulati nel lavandino, lavastoviglie da svuotare, panni da lavare, divano pieno di briciole o non so con quale altra azione siete soliti rafforzare il vostro stato apatico.

 

Anche se sarebbe bello che tu partissi come un razzo so che non è possibile. Comincia quindi pure dalla tua postazione sul divano seguendo questo ordine:

  • pensare alla tua vita e a quale filo unisce tutte le tue esperienze;
  • mettilo su carta, arricchiscilo, prenditi tempo, a tappe;
  • non trascurare le cose negative e scrivi cosa ti hanno insegnato;
  • fai un elenco di nuove cose da fare che possano completare le tue competenze, possibilmente fuori casa, in modo da “esporti” a benefici incontri casuali;
  • non cercare di essere perfetto, ma di tendere all'eccellenza si, in ogni piccola cosa; 
  • ritagliati un’ora al giorno per te stesso (riflessione, diario, meditazione, quello che vuoi ma che diventi un’abitudine, un rito)

 

Che differenza c’è tra essere perfetto ed eccellere? Essere perfetti e un viaggio impossibile (ti consiglio un libro: “La realtà Bucata. Viaggio impossibile verso la perfezione” di Marco Roma), mentre l’eccellenza prevede che si faccia del proprio meglio, sempre.

Non pensare alla tua vita a compartimenti stagni (studi, lavoro, famiglia, altro). Abbiamo spesso accavallamenti che possono esserci illuminanti.

Guarda i tuoi momenti di rabbia e chiediti se le persone oggetto della tua furia hanno capito cosa ti ha fatto arrabbiare, quale valore difendevi. Chiediti come si sono sentiti, chiediti se tutto non sia rimasto occultato da “il solito aggressivo”  o “il solito prepotente” facendo fallire la tua comunicazione, il tuo messaggio.

Spesso siamo schiacciati dalla nostra reattività, dai nostri automatismi, ma basterebbe un piccolo trucco comportamentale per rendere il nostro stare con gli altri più armonico. La crescita personale, alla fine, consiste proprio in questo: nell’indagare noi stessi, capire cosa ci muove e imparare a comunicare meglio le nostre istanze ed aprirci maggiormente a quelle degli altri. 

E’ un lavoro che non è mai finito ed è il lavoro più bello del mondo.

 

Autrice: Rosa M. Mariani - rosa.mariani@pinksolution.it

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Mentore e Digital Adviser | Esperta nell’industria della laminazione e verniciatura dell’alluminio | Esperta in processi organizzativi e di vendita | Esperta in piattaforme CRM e soluzioni digitali | Autrice | Networker