Passa al contenuto

Un buon ambiente

Viviamo in una società che ci porta a spaventarci senza scaricare la paura e tornare ad uno stato di normalità. come sarebbe corretto e normale che fosse.

 

I telefilm, le serie televisive, i notiziari, concorrono costantemente a lasciarci in uno stato di spavento. Può non sembrarci ma è scientificamente provato che le immagini violente che vediamo prima di addormentarci si annidano in noi per tramutarsi in inquietudini e malesseri.

 

Meglio sarebbe non guardare scene violente prima di addormentarsi, né durante i pasti, durante il nutrimento, che pure ha bisogno di tranquillità.

 

Le condizioni che viviamo sul luogo di lavoro a volte ci fanno vivere sotto un costante attacco percepito.

 

La reazione, spesso è di congelamento, che in sé assieme a fuga ed attacco, sarebbe una reazione istintiva sana.

 

Congelarsi perché il nemico ci creda morto e, una volta passato oltre, allontanarsi velocemente. ce lo dice la mente arcaica. La minaccia però, ai giorni nostri, nella nostra società, non è un leone o una tigre, ma un habitat lavorativo o familiare svilente, asfittico, diffidente, controllante, rancoroso e restiamo “congelati” per periodi così lunghi da diventare patologici.

 

Dobbiamo proteggerci

 

Quando la paura non scatena in noi una giusta reazione per quello che stiamo vivendo, quando ci siano condizionati a non provare almeno rabbia, a sopprimere le emozioni, ebbene quella rabbia si trasforma in tristezza. Una tristezza di cui stentiamo a liberarci, una tristezza che diventa abbassamento del tono vitale, perdita di energia.

 

La paura ci porta anche a sotterrare i talenti anziché metterli a frutto. Talenti che vengono nascosti e che poi vengono restituiti, così come è stato nella nota parabola, senza averli fatti moltiplicare.

 

Se le cose stanno così, allora perché non ci si preoccupa, nelle aziende, nelle comunità, nelle famiglia, di creare il buon ambiente?

 

Cos’è un buon ambiente? Un buon ambiente è un logo in cui stiamo bene. Laddove i luoghi che abitualmente ci ospitano non lo sono e al contrario sono tossici, ecco aallora che serve trovare uno spazio protetto in cui sentirci accolti senza giudizio.

 

Quando siamo soli, la nostra percezione del contesto che ci fa sentire minacciati, frustrati o comunque in uno stato di malessere, potrebbe accrescere il senso di pericolo, potrebbe essere falsato dal nostro passato, dal modo automatico in cui siamo abituati a reagire a quel tipo di eventi.

 

Strategie forse superate

 

Reagiamo per effetto di una strategia che in contesti già vissuti, che ci paiono simili, era stata vincente. Una strategia che forse avevano elaborato fin da bambini e che non abbiamo mai più rimesso in discussione, di cui non abbiamo analizzato a fondo i risultati nel contesto attuale.

 

Un modo per guardare a quella situazione da angolazioni diverse, un modo per sentirsi porre domande che non ci eravamo posti è avvalersi di un mentore, qualcuno che non solo ha già vissuto quella condizione, ma che sa come indicare la via per uscirne. Stiamo qui parlando di un problema contingente, insorto recentemente, non di una problematica dell’individuo per la quale servirebbe, sempre uno spazio protetto, ma di altro genere, per esempio, uno psicoterapeuta.     

 

Il Mentore non offre di fare due parole, non offre la confidenza che si fa ad un amico. Un Mentore è preparato a condurre il protegé (o mentee che dir si voglia), verso la sua intuizione migliore, tramite domande aperte, tramite tecniche di allargamento dello spazio-problema.

 

Buon ambiente è molte cose

 

Buon ambiente è anche un gruppo di approccio circolare. Ce ne sono sempre stati nella storia. Le decine spirituali di Kabbalah ebraica sono un antichissimo esempio, ma anche i gruppi degli anonimi alcolisti utilizzano tecniche simili. Nella nostra comunità di mentori, alcuni mentore sono specializzati in questa tecnica.

 

Il metodo consente una grande adattabilità al contesto. Serve infatti sempre, prima, una progettazione che decida in quale direzione si vuole portare il gruppo ad evolvere.

 

Questo significa che, ad esempio, si potrebbe lavorare attorno ad un cambiamento aziendale che ha abbia bisogno di essere compreso, analizzato e accettato, oppure si potrebbe lavorare attorno ad una necessità di aumento dell’intesa reciproca tra gli elementi del gruppo, o – ancora – si potrebbe lavorare sul ricorrere di incomprensioni o su conflittualità legate ad una comunicazione e ascolto frettolosi per migliorare le dinamiche tra le persone. Anche l’apprendimento può passare tramite i gruppi di approccio circolare perché, come è noto, si apprende meglio tramite l’emozione e i gruppi di approccio circolare generano palpabili stati emotivi.

Non lasciarti avvelenare da contesti tossici. Cerca la tua soluzione.