Il cervello umano, con le sue meravigliose e intricate reti neurali, è uno degli organi più...
L'ansia come condizione costante
L’ansia viene comunemente inserita tra le emozioni. Mi è piaciuta molto però una definizione che ho sentito ad una conferenza in cui l’ansia viene definita uno stato complesso di attivazione fisiologica e psichica cui si accompagna un vissuto penoso di pericolo.
Laddove le emozioni sono stati disposizionali che sorgono nel nostro cervello in risposta a ciò che ci circonda, dell’ansia dobbiamo guardare quanto è intensa questa attivazione, quanto è persistente e a quali vissuti psichici si accompagna.
Una certa dose di ansia è infatti positiva. Se per esempio, prima di un incontro di basket non avessimo una certa dose di ansia potremmo ritrovarci a sottovalutare gli avversari e a non mettere la giusta attenzione alla competizione che stiamo andando ad affrontare.
Quando l’ansia è sopra al livello che la rende positiva per noi, la dovremmo considerare più un calderone nel quale bollono i nostri vissuti emotivi. Un calderone che a volte nasconde altre emozioni che magari, in un tempo remoto, abbiamo deciso non essere opportune in quel momento.
Quando siamo molto in ansia i nostri vissuti emotivi diventano nebulosi, indefiniti, e quello che sentiamo dentro di noi è uno stato di confusa agitazione, un malessere dove fatichiamo anche a capire le emozioni che proviamo. Perdiamo di vista quel senso di sicurezza di cui abbiamo bisogno e non vediamo attorno a noi una possibilità di rifugio, di protezione.
L’ansia offusca le nostre competenze, ci mette in una disgregazione emotiva che ci impedisce un agire efficace: la conoscenza degli gli strumenti di cui disponiamo viene meno, come pure la nostra competenza.
Quando siamo in uno stato di forte ansia, non riusciamo a sentire le emozioni che stanno dentro a quell’ansia. A volte c’è una rabbia repressa e non riconosciuta oppure della tristezza, ma anche gioia inaspettata.
Se ce ne vogliamo liberare, dell’ansia, quando ci accorgiamo che diventa troppo invasiva, il consiglio è di ascoltarla, cercare di capire cosa ci vuole comunicare, quale altra emozione stiamo cercando di soffocare.
In alcuni vissuti l’ansia compare come un vortice che ci risucchia indietro nel tempo, a stati emotivi che riguardano un’altra epoca.
In questi casi, per dipanare il groviglio della matassa della nostra confusione, è meglio cercare un colloquio con uno specialista, con un Terapeuta.
Con il termine Terapeuta, intendiamo una persona che dopo la laurea quinquennale in psicologia ha aggiunto altri quattro anni di studi per ottenere la specializzazione per diventare analista.
Personalmente sono una fan dell’Analisi Transazionale e quindi il mio consiglio è di scegliere un Analista Transazionale, ma se anche fosse Freudiano, Comportamentista Sistemico, Junghiano o di qualunque altro indirizzo, l’importante è che vi assicuriate che abbia le corrette competenze per definirsi Analista.
Ovviamente, quanto sopra, se la vostra matassa da dipanare è consistente, riguarda il passato ed è un passato che tuttora vi abita.
Se incontrate una difficoltà momentanea o avete bisogno di fare chiarezza sulla vostra attuale strategia di vita e provate un po’ di sana ansia verso una decisione importante che dovete prendere oggi, le persone di riferimento in questo lavoro di revisione del vostro storytelling personale, le persone che possano darvi una visione dall’esterno, che possono aiutarvi ad allargare la pelle del rospo, sono diverse e la scelta dipende sempre dall’obbiettivo che avete.
Nella nostra comunità disponiamo di molte figure che coprono ruoli di supporto quali, mentore, coach, counselor, psicologo e psicoterapeuta e non abbiamo difficoltà neppure ad indirizzare le persone altrove, garantendo la corrispondenza che la competenza dichiarata equivalga alla realtà acquisita.